Dreikönigskuchen (Il dolce dei tre re)

Facebooktwitterpinteresttumblr

La cosiddetta “Befana”, è conosciuta da noi come un’anziana signora alla quale mancano parecchi denti, vestita di abiti ormai logori e con una scopa volante che le permette di riempire le calze lasciate dai bambini, in attesa di ricevere dolci o carbone.

Nel Cristianesimo invece il 6 gennaio è legato all’Epifania, dal termine epifáneia ovvero rivelazione.

Si riferisce all’apparizione di Cristo agli uomini attraverso la visita dei Magi.

Risale al II secolo d.C. e inizialmente ricordava il giorno del battesimo di Gesù.

A quanto pare si trattava di una celebrazione della setta degli gnostici basilidiani, convinti che l’incarnazione di Cristo fosse avvenuta al suo battesimo anziché alla nascita.

In seguito, abbandonate le credenze gnostiche, venne adottata dalla Chiesa Cristiana Orientale.

Fu verso il IV secolo che questa tradizione si diffuse anche in Occidente.

Aldilà di questi brevi cenni storici, l’aspetto della Befana ci trasporta in varie direzioni.

Gli abiti logori e l’età avanzata, ad esempio, simboleggiano la fine del vecchio anno. Non è un caso se con l’arrivo dell’anno nuovo alcuni paesi europei usavano bruciare un fantoccio di legno.

O ancora…

Secondo un’antica leggenda risalente al XII secolo, i Re Magi diretti a Betlemme avevano smarrito la strada che li avrebbe condotti alla mangiatoia di Gesù.

Così chiesero indicazioni ad un’anziana signora che però non volle seguirli per far visita al bambino, nonostante la loro insistenza.

Ma, pentita di aver rifiutato l’invito, decise di andarli a cercare portando con sé un cesto pieno di dolci. Le ricerche furono vane perciò decise di lasciare le leccornie fuori dalle case che incontrò lungo la strada, sperando che uno di quei bambini potesse essere proprio Gesù.

Pertanto i piccoli decisero di lasciare ogni anno, in quel giorno, delle calze o delle scarpe fuori dalla porta di casa in modo che la signora potesse averne un paio di ricambio per il tragitto o in caso contrario avrebbe lasciato qualcosa di buono da mangiare.

Persino il carbone un tempo rappresentava la fine di una stagione, legato al falò di cui vi dicevo poc’anzi.

Infine ecco come viene chiamata la Befana in diverse zone d’Italia.

A Treviso si fa chiamare la Berola, a Modena la Barbasa, a Venezia la Marantega e questi sono soltanto alcuni.

Beh, non mi resta che augurarvi di passare una buona Epifania.

INGREDIENTI (PER 6 PERSONE):

  • 500 gr di farina manitoba
  • 1 uovo
  • 100 gr di zucchero
  • 60 gr di burro
  • 10 gr di lievito di birra
  • 180 ml di latte
  • 100 gr di uvetta
  • scorza grattugiata di 1 arancia
  • 1 cucchiaino di essenza al rum (facoltativo)
  • 1 pizzico di sale
  • 1 mandorla, 1 nocciola oppure un legume secco

PER ULTIMARE:

  • 1 uovo
  • mandorle a lamelle e granella di zucchero (o codette colorate e mandorle intere)

PREPARAZIONE:

Disponete la farina a fontana, praticate un foro al centro e versatevi l’uovo, la scorza grattugiata dell’arancia, lo zucchero (tenetene da parte un cucchiaino) e il sale.

Impastate brevemente il tutto.

Sciogliete il lievito e lo zucchero rimasto nel latte intiepidito e versateli sul composto.

Poi unite il burro tagliato a cubetti e l’essenza al rum.

Lavorate fino a incordareottenendo così un impasto liscio e omogeneo.

Aggiungete infine l’uvetta (insieme alla frutta secca o al legume che avete scelto) e impastate ancora per qualche minuto, giusto il tempo di distribuirla uniformemente.

Ponete la pasta in un luogo caldo e asciutto e lasciatela lievitare per circa 2 – 3 ore.

Trascorso questo tempo riprendete l’impasto e dividetelo in 8 – 9 pezzi, formate delle palline.

Disponetele in una tortiera a cerniera precedentemente imburrata sul fondo e ricoperta di carta forno.

Lasciate lievitare in forno spento per mezz’ora.

Spennellate la pasta brioche con l’uovo sbattuto, decorate delle con scagliette di mandorle e granella di zucchero.

Infornate a 180° per circa 20 – 25 minuti.

Lasciatela raffreddare prima di portarla in tavola con una coroncina di cartone sopra (secondo l’usanza).

Facebooktwitterpinteresttumblr