La solitudine naturale di Myoung Ho Lee

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In un periodo storico come quello che stiamo vivendo – prima estremamente cauto, poi improvvisamente caotico – mi viene in mente un vecchio progetto fotografico di Myoung Ho Lee.

Per altro, detto inter nos, l’arte può mai avere una data di scadenza?

Sì, no, forse, chi se ne frega…

Qui dentro il tempo scorre in modo diverso e gli squarci nel tessuto temporale a me non dispiacciono (solo in tal senso, mica in altri, eh!).

Ma ora torniamo a noi.

C’è questo fotografo coreano, nato a Seul nel 1975, che nel 2007 ha mostrato all’universo un progetto chiamato Tree. Semplice il nome, più complessa la sua realizzazione.

 



L’ispirazione arriva dalla solitaria maestosità di alcuni alberi situati in aree verdi e incontaminate, silenziose e pure.

Va, ci siamo capiti.

Dovendo quindi focalizzare l’attenzione esclusivamente sul gigante naturale, Myoung Ho Lee ha pensato di isolarli con un telo bianchissimo. In questo modo poteva offrire allo spettatore anche l’illusoria percezione di vedere il soggetto bidimensionale all’interno di uno sfondo tridimensionale, oltre a farlo sembrare un disegno.

Ora però arriva la parte più complessa, ossia la realizzazione.

Considerando il fatto che ogni tela raggiunge fino ai 20 metri di lunghezza, è stata impiegata una gru (e assistenti al seguito) insieme al supporto di travi o corde, eliminate durante il post produzione dall’artista stesso. Ah, i miracoli del fotoritocco!

Inoltre bisogna prestare un occhio di riguardo a quella maestria nel saper giocare con le luci, tanto da mostrare un ritratto “pulito”, totalmente privo di ombre.

In compenso tanta fatica gli ha portato un riscontro astronomico nell’arco di pochi giorni.

La semplicità di ogni scatto, la solitudine di un elemento, privato del suo insieme eppure così rasserenante alla vista, la cura del dettaglio, la scelta del minimalismo da intrecciare alla surrealità.

L’albero è una cosa oggettiva, ma la percezione che hai nel guardare gli scatti dell’autore resterà sempre soggettiva.

Un’ipnotica fascinosa arguta beffa al nostro cervello.

Ah, già.

La mia strana associazione d’idee avveniva tra il regno animale che si riprende il suolo da noi calpestato e gli alberi di Myoung Ho Lee che vivono indisturbati (sempre lontani dall’uomo).

myoung ho lee

 

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