L’inafferabile colpo vincente

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The victory, René Magritte (1939)

Arrivò dal fondo della sala e ci colpì come un pugno nello stomaco.

«Hanno assassinato Kennedy!», urlò qualcuno.

All’istante calò un silenzio spettrale, eravamo sconvolti per la tragica notizia.

Ogni cosa sembrava perduta e il tempo sembrò bloccarsi, come se ogni secondo fosse eterno.

Finché all’improvviso…

 

«Tristan Garrett, amico. Si può sapere dove diamine sei finito? Io, Ann Jane e tutti gli altri ti stiamo aspettando da almeno mezz’ora!»

«Lo so, sono rimasto imbottigliato nel traffico. Iniziate la riunione senza di me e smettila di chiamare per nome il nostro tavolo.»

La “Ann Jane” a cui si riferiva il mio socio con tanto affetto altro non era che il nostro portafortuna.

Io e Ronil ci conoscevamo fin dall’infanzia.

Una volta finito il college eravamo partiti alla scoperta della Thailandia. La voglia d’incontrare belle donne, un bagaglio pieno di sogni e l’irresponsabilità tipica della giovinezza.

Un giorno, osservando le bancarelle ambulanti, restammo letteralmente stregati da un tavolo molto particolare. Rotondo e realizzato con legno massiccio di Suar, aveva una base composta da radici nodose, perfettamente intrecciate tra loro.

Lo comprammo per portarlo a Los Angeles nella nostra futura agenzia pubblicitaria che, grazie al fiuto negli affari di Ronil e alla fortuna che girava dalla nostra parte, riuscimmo ad aprire pochi anni dopo.

Gli anni Sessanta, un decennio di successi.

«La Metamorphosis Production… Tristan, finalmente sei dei nostri!»

Mi sedetti, tutto trafelato e ancora col fiatone perché avevo fatto le scale di corsa.

«Stavo giusto dicendo che siamo stati selezionati per una gara tra creativi. Dobbiamo realizzare una campagna pubblicitaria per la Metamorphosis Production ed è incentrata sul lancio del primo cartone animato a colori», disse Ronil entusiasta.

«D’altro canto abbiamo il miglior direttore creativo sulla piazza. Il mio socio ogni tanto mi accusa di presunzione, ma non sono altro se non un ragazzone ambizioso. Il premio Wild World Cartoon sarà nostro!»

Passarono due lunghi mesi nei quali vennero fuori slogan di ogni genere, litigi, consultazioni e centinaia di disegni scarabocchiati.

Tutto lo staff trascorreva tantissimo tempo insieme. Eravamo come una famiglia, sia all’interno che lontano da queste mura.

Eravamo rimasti a galla perché sconfitte e vittorie si affrontavano insieme, come una vera famiglia.

«Tristan? Entra, entra. Non sono ancora in dolce compagnia.»

«Dannazione, Ronil. Ti ho detto mille volte che qui dentro non deve entrare quella roba e pulisciti il naso.»

Non sopportavo il suo atteggiamento strafottente, sapeva che non condividevo affatto le sue “distrazioni” per i periodi di forte stress.

Aveva un cuore grande ma l’età adolescenziale sembrava non averlo mai abbandonato.

«Ormai ci conosciamo da vent’anni. Pensi veramente che metterei a repentaglio quello che abbiamo costruito? Amico mio, rilassati.»

«Qui c’è il materiale da presentare alla Metamorphosis Production, dagli un’occhiata.»

Ronil prese il blocco di fogli con aria seria e concentrata.

« È geniale! Sistemate gli ultimi dettagli che tra qualche giorno si va in scena.»

Stavo per rimettermi al lavoro sul nostro prezioso tavolo quando incrociai Esther.

«Che ha detto?»

« Stranamente gli è piaciuto.»

«Grandioso! Allora perché hai quella faccia scura?»

«Lo sai…»

«Tristan, anche se non si direbbe affatto, è un uomo adulto e sa badare a se stesso.»

Appoggiò una mano sulla mia spalla per consolarmi.

«Vado a prendere due caffè e poi ti raggiungo.»

«Grazie, Esther. È bello avere un braccio destro così dinamico.»

«Mi ringrazierai quando vinceremo!»

Lasciò dietro di sé una scia di profumo, fiori selvatici o qualcosa che gli somigliava.

La osservai mentre spariva tra le porte dell’ascensore.

Avevo amato quella donna fin dal primo giorno che avevo messo piede in questo posto e non avevo mai trovato il coraggio di dirglielo.

Ero convinto che le relazioni tra colleghi complicavano ogni cosa, soprattutto perché lavoravo con una delle più brillanti copywriter mai viste in America.

Ronil conosceva il mio piccolo segreto e mi prendeva in giro.

Diceva frasi del tipo: “dovrei decidermi a comprare un repellente per quest’invasione di cuoricini. Spuntano nei corridoi ogni volta che vedi quella ragazza!”

Io sorridevo e gli rifilavo una gomitata nelle costole.

Finalmente arrivò la serata della premiazione ed eravamo tutti belli impomatati e sistemati.

Esther indossava un abito da sera color albicocca che metteva in risalto la sua pelle di porcellana. Le altre donne erano belle ma nessun’altra splendeva quanto lei.

Ci sedemmo ai posto che ci erano stati assegnati e fu in quell’istante che sentii Ronil imprecare contro alcuni tecnici che trasportavano Ann Jane.

«Tristan, non stare lì impalato. Il nostro fiore all’occhiello pesa un accidente!»

Mi rimboccai le maniche della camicia e lo aiutai.

«Ma come diavolo hai fatto?»

«Oh, è bastata un po’ di grana e la mia infallibile capacità di sedurre.»

Quell’uomo era come un fratello per me, sempre pronto a compiere una follia per rendere felici le persone a cui teneva di più.

La serata passò in un lampo, alcune presentazioni erano davvero brillanti. In qualunque modo si fosse conclusa ero orgoglioso del lavoro che avevamo fatto.

Ora toccava a noi.

Io e Ronil baciammo all’unisono Ann Jane, era il nostro rito portafortuna.

Poi lui salì sul palco, bello e sorridente come al solito.

«Innanzitutto vorrei ringraziare la Metamorphosis Production per questa grande opportunità, la mia squadra che ha trasformato l’impegno e la passione nel nostro marchio di fabbrica e tutti voi per l’attenzione.»,

Introdusse brevemente l’idea che avevamo sviluppato, poi tornò a sedersi strizzando l’occhio a una delle concorrenti.

Esther mi sorrise prima di salire sul palco e raccontare la campagna ideata attraverso una serie di tavole.

«Secondo una ricerca di mercato otto americani su dieci non riescono ad abituarsi facilmente alle novità. Le tv inizieranno presto a trasmettere programmi a colori e senza dubbio si tratta di un passo importante verso il futuro, ma abbiamo bisogno di tempo.»

Un discorso che avevamo fatto e disfatto un centinaio di volte.

«Partendo da questo presupposto abbiamo scelto come protagonisti un cane e un gatto. Due animali che appaiono rassicuranti agli occhi dello spettatore, in grado d’intrattenere soprattutto i più piccoli e così diversi tra loro. Ma è proprio questa differenza che insegna il valore del rispetto e dell’amicizia. Caratterialmente sono dotati di grande senso dell’umorismo e di coraggio. Il cane Timothy e il gatto Martin, sempre pronti a buttarsi a capofitto in una nuova strabiliante avventura, inseparabili compagni di disavventure.»

Esther catturò l’attenzione del pubblico e alla fine ricevette un caloroso applauso.

Succedeva ogni volta. Lei era magnetica.

«Adesso vi lascio al direttore creativo Tristan Garrett. Vi mostrerà un breve video animato. D’altro canto creare significa anche saper sorprendere.»

Non riuscii a fare a meno di cercare con la coda dell’occhio i pezzi grossi che erano presenti all’evento e notai nei loro occhi un piacevole stupore per il nostro spirito d’iniziativa.

In fondo non stavamo commettendo alcun illecito.

Il regolamento aveva sottolineato più e più volte che i contenuti dovevano essere inediti e originali. Il target a cui era destinato il nuovo programma televisivo si concentrava sui più piccoli ma bisognava solleticare anche la curiosità degli adulti.

Avevamo solo preso alla lettera il nostro obiettivo.

Ormai l’evento stava per volgere al termine e l’organizzatrice di questa gara aveva preso il nostro posto sul palco per esprimere l’apprezzamento per l’impegno di ogni partecipante, quanto fosse stato difficile prendere una decisione e aggiungendo infine che non esisteva un solo vincitore perché in futuro si sarebbero presentate molte altre opportunità.

A quel punto gli portarono una busta sigillata.

«È arrivato il momento che tutti stavate aspettando. Il vincitore che si aggiudica il premio Wild World Cartoon è…»

Fu allora che un urlo squarciò quei pochi istanti di silenzio e tensione per quell’unico nome.

Solo qualche parola e lo sgomento calò su di noi come un sipario.

Avevano assassinato il presidente, John Kennedy.

Un giovane pubblicitario stava seguendo la partita di football quando avevano interrotto la diretta per diffondere la tragica notizia.

Restai immobile.

Ronil era impallidito e Esther guardava un punto fisso nel vuoto. I suoi occhi neri si erano fatti ancora più scuri, velati da una sincera tristezza.

Una grande emozione era stata spazzata via dall’orrore.

Mi scrollai di dosso quella brutta sensazione. Capii di dover fare subito qualcosa.

«Signori e signore, abbiamo appena ricevuto una terribile notizia. Tuttavia non possiamo spegnere i nostri cuori e fermarci! Domani l’America avrà una profonda ferita da ricucire. Ma stasera, più che mai, abbiamo bisogno di una speranza.»

Lasciai all’organizzatrice qualche istante per ricomporsi, poi  le passai il microfono.

«La vittoria di questa gara va alla Weiner & Garrett Company. Congratulazioni!»

Esplose un applauso, prepotente. Bisognava liberare la tensione.

Abbracciai tutto lo staff e salii con Ronil sul palco per prendere il premio.

«A Kennedy!», esclamò lui, issando la pesante statuetta più in alto che poteva.

Il tempo in questa sconvolgente notte di gioia e dolore riprese a scorrere.

La sala lentamente si svuotò.

Stavo per prendere le chiavi della macchina. Desideravo solo tornare a casa, gettarmi sul letto e dormire per almeno venti ore di fila ma Esther mi fermò e senza dire una parola avvicinò il suo viso al mio.

Un po’ alla volta le cose tornarono alla normalità.

La nostra idea piacque talmente tanto che ci chiesero di scrivere alcune scene della serie animata di Martin e Timothy.

Io e Esther?

Beh, stiamo vivendo la più bella storia d’amore che avessi mai potuto immaginare.

Tra una settimana ci sposiamo e Ronil sarà il mio eccentrico testimone.

Qualcosa mi dice che non mancherà neppure Ann Jane.

Non ha mai smesso di portarci fortuna.

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