Muffin salati al lime con crema al fagiolino e feta

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Ricordo di una recensione letta tempo fa su un libro di Alessandro Baricco. Va bene, fermiamoci un attimo.

Mi rendo conto che appare strano leggere un libro che parla di altri libri, tuttavia questo scrittore decise di raccogliere tutto quello che in qualche modo gli ha lasciato un segno. O qualcosa.

Basta anche solo quel qualcosa ad insinuarsi dentro te perché un libro diventi parte integrante del tuo bagaglio culturale o semplicemente quelle parole erano lì ed erano quelle di cui avevi bisogno o che più ti rappresentano. 

Comunque torniamo al punto di partenza, un capitolo in particolare.

L’autore esprimeva con grande disappunto come, in modo quasi automatico, finiamo puntualmente per ritrovarci in quell’enormi strutture composte da un’incomprensibile felicità mista ad una disperazione impercettibile che comunemente vengono chiamati centri commerciali.

Inizia a chiedersi in che modo questi giganti siano sbarcati in quella che ormai è la nostra quotidianità, com’è iniziato tutto.

A quanto pare era il lontano 1957.

Un anno propizio per un certo Richard W. Boogart che a quel tempo iniziò ad esplorare Milano in cerca di un lasso di terra dove dare vita a quella che sembrava soltanto utopia e invece divenne qualcosa che non si sarebbe mai nemmeno potuto immaginare: il primo supermercato europeo, pensate un pò.

Un uomo proveniente dal Kansas che lavorava per Rockefeller, possedeva una Cadillac e portava un cappello da cowboy!

Ovviamente fu un’impresa faticosa, portò via molto tempo e risorse ma alla fine realizzò il suo progetto e pochi anni dopo diventò quello che conosciamo come l’Esselunga.

E mica finisce qui la storia.

Immaginate negli anni 50 un posto dove i prodotti dovevi acquistarli da solo, nessuno che ti serviva, niente fruttivendolo di fiducia che ti salutava amichevolmente, senza sapere come muoverti, nessuno sapeva i prodotti che acquistavi di solito.

Come fare un passo indietro anziché seguire il progresso.

Eppure la merce aveva prezzi inferiori, la luce ben studiata illuminava i reparti nel modo giusto, gli scaffali erano ordinati brulicanti di confezioni colorate ed accattivanti immagini che raffiguravano tutto un mondo di prelibatezze.

I movimenti con il tuo carrello sui pavimenti puliti risultavano molto fluidi, insomma c’era quasi una certa solennità in tutto questo. Potevi sentirti quasi importante nel ” testare ” questo posto rivoluzionario pieno di meravigliosi corridoi e desideri in scatola.

Addirittura un cittadino libero, padrone delle proprie scelte. Quasi un simbolo del progresso e l’espressione di una certa capacità intellettuale nel fare una selezione dei prodotti di qualità.

D’altra parte non pensate ad oggi, gettatevi a capofitto in questa storia ed immaginate di riportare indietro le lancette del tempo. Uno stile di vita ed un modo di pensare assolutamente differenti.

Tuttavia secondo le cronache i tempi per gli italiano restavano difficili, gli italiani avevano le tasche vuote e le menti piuttosto chiuse rispetto a questà novità.

Ma grazie a carrelli più piccoli, un reparto dedicato ai gelati e qualche friggitoria, il fenomeno diventò irrefrenabile.

Boogart sulla cresta dell’onda, si recò persino ad un ospizio a Firenze e ” mostrò ” a sette ciechi uno dei suoi supermercati.

Pazzesco, scacco matto.

Da lì in poi nessun intoppo, nel 63 nacque il primo ipermercato europeo, un Carrefour in Francia, un anno dopo vicino a Francoforte, aprì il primo centro commerciale che non si trovasse sul suolo americano.

Il resto viene da sè, ovviamente.

Inutile dire che all’inizio c’era chi remava contro (pensate ai macellai con le loro piccole botteghe, i fruttivendoli, ecc.), un tipico atteggiamento italiano era quello di chi cercava di avere un proprio tornaconto, le implicazioni ideologiche mosse dall’adottare un certo modello culturale tipico dell’America.

Ma fondamentalmente all’epoca non esistevano basi solide per andare contro i supermercati e hanno finito per insinuarsi a macchia d’olio quasi di prepotenza nelle vite degli italiani.

Perché vi ho raccontato questo… beh, mi piaceva l’idea di raccontare a mia volta quello che Baricco con il suo modo leggero ed ironico racconta e tira le somme attraverso una storia raccontata a sua volta da un’altra autrice.

Che ne penso io di tutto questo?

Sinceramente criticare quello che alla fine, vuoi o non vuoi, ti consente di acquistare in modo abbastanza pratico dei prodotti per mangiare tutti i giorni o nel mio caso creare una ricetta, fare una cosa che amo, ecc. sarebbe come sputare nel piatto in cui mangi, un pò ipocrita nel momento in cui si attinge da quella determinata risorsa.

Però consentitemi un ma.

La crescita esponenziale di centri commerciali, manca poco, quasi attaccati l’uno all’altro. Spazio, tempo e denaro impiegati per creare palazzi che fondamentalmente contengono tutti esattamente le stesse cose perché non è che se cambi un pò il design o aggiungi qualcosa un pò qui e un pò lì si tratta di qualcosa di diverso.

Almeno quanto non sopporto il modo in cui restiamo ” compressi ” all’interno di questi luoghi, incapaci di spostare lo sguardo lontano dalla nostra fonte dei desideri.

Poi magari nemmeno c’interessa davvero o la foga del momento passerà e torneremo in quest’infinito circolo vizioso che alimenta il consumismo.

Una risorsa? Si. Ma in pieno italian style ci siamo fatti risucchiare.

E più cibo, vestiti, mobili, articoli per la casa e così via abbiamo, più ne vogliamo.

Inutile negarlo.

Trasformando qualcosa che, perché no, poteva anche essere utile in una storia già conosciuta.

Una di quelle storie che finisce sempre allo stesso modo.

Ah, tralasciando questo. Se questi due libri vi hanno intrigato ecco qui i titoli:

” Una certa storia di mondo ” di Alessandro Baricco e ” L’impero irresistibile. La società dei consumi americana alla conquista del mondo. ” di Victoria De Grazia.

PS: nessuno mi paga per tutta sta pubblicità, eh (momento sdrammatizzazione).

Mi piace conoscere le cose, spaziando tra cose completamente differenti tra loro! 🙂

 

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INGREDIENTI (PER CIRCA 12 MUFFIN):

  • 370 gr di farina 00
  • 2 uova
  • 250 ml di latte
  • 100 ml di olio di semi
  • 1 bustina di lievito liofilizzato
  • 1 cucchiaino di sale
  • succo e scorza di un lime

PER LA CREMA DI FAGIOLINI:

  • 300 gr di fagiolini
  • 100 ml di panna da cucina
  • 1 uovo
  • 30 gr di burro
  • 4 cucchiai di parmigiano grattugiato
  • sale e pepe q.b.

PER IL RIPIENO:

  • 100 gr di feta

PREPARAZIONE:

In una terrina mescolate tutti gli ingredienti secchi quindi la farina, il lievito e il sale setacciati.

In un’altra quelli liquidi ovvero le uova, il latte, l’olio di semi ed il succo del lime.

Riunite i due impasti in un unico contenitore, aggiungere anche la scorza grattugiata del lime e amalgamate bene tutti gli ingredienti e tenete da parte.

Eliminate le due estremità dei fagiolini e sbollentandoli con due dita d’acqua bollente e salata.

Scolateli e frullateli in un mixer con la panna e l’uovo fino ad avere un composto omogeneo; fate sciogliere il burro in una padella, unite la crema, il parmigiano grattugiato, salate e pepate.

Lasciate cuocere per circa 5 minuti mescolando fino a quando non risulterà densa, poi lasciate intiepidire.

Imburrate ed infarinate uno stampo per muffin o dei pirottini di alluminio e versatevi 1/4 del composto, mettete al centro un pò di crema di fagiolini, un pezzettino di feta e ricoprite con un altro pò d’impasto fino a riempire lo stampo per 2/3.

Infornate i muffin a 180° per circa 20 minuti.

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