Parlami d’amore (pag. 100 – 102)

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Parlami d'amore

Il cantiere è silenzioso. Il mio letto è caldo e provvisorio, come tutto del resto qua dentro. Oliva dorme ai piedi del materasso che ho rimediato e sul quale ormai dormo da giorni. Nel suono mi agito irrequieto.
E sotto le coperte mi rotolo in cerca di pace. Schiaccio il viso contro il cuscino. La stufa pompa calore e concilia il sonno che stanotte mi fa oscillare tra il sogno e la veglia, come un’altalena. Il mio corpo è sudato.
Mi sfilo la maglietta. Ma il caldo che sento è la mia inquietudine. Il mio petto ansima contro le lenzuola e la mia mano scivola sotto il cuscino in cerca di un po’ di fresco.
Sprofondo nel buio del mio inconscio e i miei denti affondano nel labbro inferiore immaginando il sapore del suo corpo.
I suoi capelli bagnati si stringono in filamenti lungo il suo collo sottile. Schiaccio le mie mani sulla sua schiena. Affondo le mie unghie tra i suoi nei, sento il suo ventre premere contro il mio. Lei si piega, stringe, le mie braccia si aggrappano alle sue spalle e la tirano a me. Scivolo sul suo corpo sudato mentre affondo tra le sue gambe.
Apro gli occhi. La luce dell’alba mi dice che non riuscirò più a dormire.
Le sue labbra non hanno perso la morbidezza di quando era bambina.
Come in un delirio mi nascondo il viso tra i miei capelli ormai umidi. Non riuscirò a dormire, lo so. Così sbarro gli occhi verso il soffitto. Se mi concentro bene riesco ancora a sentire la sua voce.
«Non c’è nessuna donna che non si possa conquistare, Sasha, nessuna.»
Nicole si gira e mi sorride.
Il suo profumo che sosta nell’aria quando è ormai lontana.
La pacatezza della sua voce che acuisce i miei sensi.
Il battito del mio cuore non si stabilizza.
II suoi occhi tagliati che affondano dentro di me.
Nicole ha travolto la mia macchina per un colpo di sonno, piange come una bambina per un cane che non conosce, accarezza la mia fronte per un sorriso che le ho strappato e regala una promessa per la confessione di un ragazzo sconosciuto.
Nicole è magia pura.
Ma chi cazzo sei, Nicole? Chi ti autorizza a fare questo a me? Io alle bacchette magiche non ci credo più. E neanche alle fate.
Mi alzo dal letto. No, non riuscirò più a dormire.
«Andiamo a fare due passi, Oliva.»
Oliva scodinzola ma è più assonnata di me. E chissà se anche lei si porta dietro tutti quei pensieri che stanno in bilico tra la veglia e il sonno. Camminiamo piano e io non vedo quello che mi sta intorno. Sono ancora perso nelle mie immagini.
Il suoi maglione di cachemire che le accarezza la pelle.
I suoi capelli leggeri e sottili che mi sfiorano le labbra quando ci salutiamo abbracciandoci. Li saluti tutti così i tuoi amici, Nicole?
Le sue palpebre che sbattono lentamente sugli occhi.
La sua attenzione verso ogni minimo gesto.
Le sue parole mi mettono in crisi. Ma perché?
Perché le sue parole sono sassi lanciati dentro di me che quando sfondano la mia sottile superficie creano un’eco sempre più forte. Perché la tua voce è così familiare, ecco perché.
Perché forse mi ricordi qualcuno… perché forse mi ricordi me.
Perché quando non ci sei i nostri attori sulla banchina smettono di recitare e io smetto di credere.
Per un attimo mi ci hai fatto credere, lo sai Nicole? Ma con tutto il rispetto, che ne sa una signora borghese di quarant’anni come si conquista una ragazza? Solo perché sei attraente, sensuale e gli uomini devono aver fatto pazzie per averti, pensi di sapere… Quanti uomini, quante storie, quanti orgasmi, quanti pianti, quanto sangue, quanto dolore, quanto calore è passato sul tuo corpo?
Sembri forte, Nicole. Sembri un pozzo profondo che mi sta offrendo la sua saggezza.
Ti stavo guardando mentre facevi parlare i nostri attori, basta poco per accederti. Ma è una piccola luce quella che ho visto, i muscoli del tuo viso non seguivano quell’istinto, erano congelati. Per l’emozione? Per combattere il tempo che passa? Perché sono stanchi? Perché hanno dimenticato? Ti guardavo e avrei voluto che in quel momento potessero ricordare il loro passato per offrirlo a me e per svelarmi tutto quello che di te non capisco.
Sono io che ti accendo?
Toccata e fuga. Non resti mai più del dovuto e non te ne vai se non mi lasci prima con qualcosa a cui pensare, e ora le tue parole hanno acceso me e una strana curiosità che mi coccola in questa mattina diversa dalle altre.
Torno a casa con Olive e non riesco a non chiedermi se non sia davvero come dici tu. Ma in questa casa non c’è nessuno con cui parlare. Ci sono fantasmi del passato. Forse. O fantasmi del futuro. Ombre delle persone che hanno abitato o che verranno ad abitare qui. In questa casa magica come Nicole, dove tutto è esposto e in rovina, c’è un’unica porta chiusa, una porta da non oltrepassare, su in alto all’ultimo piano.
«Lì ci sono solo vecchi ricordi di famiglia, non serve che tu intervenga.» La voce da non-eroe del Padre.

“Parlami d’amore”, Silvio Muccino & Carla Vangelista

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