Sbirciare negli abissi

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Stavo riflettendo su una cosa.
Oh, non ho nemmeno finito di digitare questa frase che son partiti gli omini nella mia testa a dirmi “Quando mai hai smesso di farlo? No, ora ce lo devi dire onestamente. Sono quasi trent’anni che dobbiamo sopportare le tue elucubrazioni mentali e invece di assopirsi si accalcano.”
Sì, insomma potrebbero dire qualcosa del genere.

Che poi è buffo, tra poco più di un mese sarà il mio compleanno e se non ci fosse qualcuno a dirmelo forse non ci penserei neanche. Non che gli dia così tanta importanza, ma è vero che più cresciamo e più certi aspetti del nostro essere diventano marginali.
Comunque non è questo il motivo del mio intervento, dell’interruzione del mio lungo silenzio iniziata di recente.
La quarantena inizia ad avere la forma delle mie occhiaie, dormo poche ore, né troppe né abbastanza per sentirmi davvero riposata.
Ogni tanto faccio sogni confusi, ma al mattino resta solo qualche minuscola orma.
Non importa, non stavo pensando nemmeno a questo.
Non divagare, Mary. Poi finisci per scordarti le cose importanti e sai di doverle scrivere altrimenti è un immane spreco, e tu odi gli sprechi. Di qualunque genere siano.
Ultimamente sto leggendo così tanto che certi giorni mi pare di dover arrivare in fondo ai segreti dell’universo, cose più o meno rilevanti, simpatiche, arrabbiate, profonde, attuali, pragmatiche, simili a me, diametralmente opposte a me, e così via.
Confido nel fatto che abbiate afferrato il concetto.
Ieri notte poi, senza averne alcun sospetto, sono scoppiata in uno di quei pianti senza senso.
Da dove sono uscite tutte queste lacrime di cui non ho memoria? Io non piango così spesso, per essere precisi non lo faccio quasi mai. Pensavo addirittura di aver dimenticato come si facesse.
È una di quelle cose che non sopporto.
Se lascio il via libera alla fragilità, poi chi mi ricompone? Riuscirò a tornare di nuovo intera?
Penso spesso.
La fragilità è una condizione che non tutti si possono permettere.
Molti sono addestrati ad essere forti, a perdere pezzi lungo la strada, a sanguinare. Fermarsi è rischio troppo grande. Ci costringe a rivoltare il nostro ego come un calzino, a parlare con i demoni, a scendere sul fondo dei nostri abissi e soltanto alla fine, forse, risalire.
Eppure più mi ostinavo a proseguire come se nulla fosse, più i pezzi venivano giù. Sono stata costretta a fermarmi. La quarantena ha costretto intere nazioni a fermarsi, spesso in maniera molto più dolorosa del previsto.
Ma ecco un’altra cosa da evitare, i paragoni.
Perciò torniamo a noi… stessi.
Non perché non me ne importi nulla degli altri, semplicemente l’ipocrita retorica degli eroi e degli sconfitti vorrei evitarla, almeno qui. Almeno quando si può.
Insomma me ne stavo lì a scervellarmi anche sulla fondamentale importanza di scegliere il biscotto con più gocce di cioccolato in vista (concetto non applicabile a molte altre cose, eh. Qui si parla soltanto di piccole manie, o ingordigia? Non lo so.), quando qualcosa è cambiato.
Non me ne vogliate se non ho voglia di partire dal principio. Se dovessi farlo dovrei ritornare indietro all’anno scorso e arrivare fino ad oggi. Ho grandi scritture però ho bisogno di concentrarmi sull’essenziale.
Qualcosa lo è, qualcos’altro un po’ meno. Perciò manteniamo il focus sull’essenziale.
La morale di questo mio interminabile viaggio dentro ai pensieri è che da qualche mese ormai ho ripreso i contatti con una persona – sì, lo so che probabilmente mi leggerai. Non sto per dire nulla di sconvolgente, nulla che non direi anche a te perciò lasciami vaneggiare. Qui (come “lì”) so di poterlo fare. – e anche in questo caso non voglio entrare nel merito della questione.
Solo che, come al solito ormai, ci siamo scritti, cose fantasiose, roba privata… lui mi ha detto di aver riflettuto su un mio minuscolo “sfogo” di ieri. Ero arrabbiata, credo l’avesse intuito. Non tanto per quello che scrivo ovunque sia possibile quanto per il tono delle mie risposte imbrigliate, aggiungerei.
Se dovessi proferire verbo quando sono nera farei dei crateri. Poche volte ho scoperto gli effetti della mia impulsività lasciata a mano libera e, se ci pensassi, mi dispiacerebbe ancora un sacco.
Non sono cattiva, ma la persona che faceva finta di niente l’ho sepolta tempo fa. O non è mai esistita?
Non so dire nemmeno questo. Solo non sono in grado di essere ipocrita.
Ecco, visto? Sto già perdendo il filo di quei pensieri mattutini…
Beh, prima che vengano sostituiti dagli altri 1.800 in corso d’opera, provo ad arrivare in fondo all’abisso di oggi (è un inizio, no?).
Sul momento non me ne ero resa conto: stavo parlando con lui, di affari suoi, di cose sue personali e mi è parso di star risolvendo qualcosa di me stessa.
Non fraintendiamoci, non è che se parlo con un’altra persona mi occupo dei cazzi miei. Non so come dirlo, il suo piccolo spiraglio ha fatto luce involontariamente luce su di me.
Ho iniziato a percorrere sentieri composti da riflessioni infinite.
Ho pensato al passato, alla me bambina che ha ricevuto tanto amore però ogni tanto si è chiesta perché “non si meritasse il genitore mancante”, ho pensato agli errori, alle conoscenze sbagliate, a chi ho lasciato andare lungo il percorso della vita. Ti ricordi quante volte te ne sei andata senza voltarti indietro? Te lo ricordi?
Sì, mi ricordo di tante cose.
Non tutte, non con un ordine preciso. Mi ricordo soprattutto delle cose orribili, ogni tanto incontro lievi ricordi pacifici, mi ricordo di chi manca al mondo. Mi ricordo le cose giuste e, soprattutto, gli errori.
Mi sono resa conto di essere stata vittima e poi carnefice, certe volte (troppe volte?).
Non ricordo più il numero delle volte in cui – senza averne coscienza – ho fatto scontare a chiunque si avvicinasse a me il dolore di una voragine che portavo sempre a spasso con me.
Ecco, ho capito questo.
Così come (da tempo ormai) sto comprendendo di non essere quella versione “migliore” a cui vorrei somigliare un po’ di più e pian pianino mi sto perdonando anche per questo.
Ho dei limiti, angoli che si possono smussare, difetto con cui bisogna convivere. Fatteli andar bene, punto.
Che la solitudine è bella, ma da soli dentro noi stessi alla lunga diventa un luogo grigio.
E non si tratta di trovare la metà mancante della tua mela, qualcuno che resterà per sempre al tuo fianco o qualunque altra definizione possa trasparire dalle mie parole.
Non saprei trovarla “un’etichetta” per qualcuno così distante e così vicino a noi, non è il momento giusto per pensarci. Non so nemmeno se esiste un “qualcosa” su cui riflettere o son io che ogni tanto fantastico. Non è il periodo giusto per vedere se germogliano sentimenti o se son solo desideri.
Forse non ci sarà mai nulla a cui pensare, forse sì. Per ora va bene così (il mantra del periodo ormai).
Non è nemmeno quello per allontanare chi in questo stramaledetto universo ci capisce sempre un po’ di più.
So soltanto che quasi fin dal primo istante il mio (più o meno affidabile) radar ha riconosciuto un suo simile, “guarda, di questo ti puoi fidare”, mi ha detto.
E io mi fido.
Sono davvero stanca di non farlo più.
E mi faccio bene.
E mi faccio male.
Oggi va meglio.
Un giorno alla volta verso noi stessi, un giorno alla volta per raggiungere gli altri.
Questo è quanto sto apprendendo dalla vita.
Apparentemente immobile. Costantemente in movimento.
Adesso si è fatta ora di andare a fare una doccia e andare, un breve dovere mi chiama.
In fondo il momento son riuscita a afferrarlo.
#iorestoacasaefacciolunghiviaggimentali ?

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