Oggi ricorrono ben 84 anni dal suo primo impiego in tribunale.
Il 2 febbraio 1935 venne utilizzata a Portage, nel Wisconsin, durante un processo per incastrare due malviventi accusati di aggressione.
La “macchina della verità” – messa a punto dallo studente californiano Leonarde Keeler – misurando la pressione sanguigna, il battito cardiaco, la respirazione e la resistenza della pelle al passaggio di piccole scosse elettriche, determinava se stesse dicendo la verità o meno.
Tuttavia l’invenzione nacque soltanto grazie a uno psichiatra e inventore statunitense di nome John A. Larson. Costui passò gran parte della sua vita a perfezionare il poligrafo.
Infatti, per dimostrare che anche una macchina poteva essere attendibile, scrisse numerosi appunti ma, ahimè, non riuscì mai ad ottenere la più totale credibilità.
Non a caso dovette sottolineare che lo strumento non era attendibile in casi d’instabilità mentale (scaturiti dalla tensione nervosa o insiti nell’individuo), oppure se l’intervistato era particolarmente abile a mantenere un certo controllo sulle proprie funzionalità vitali.
In entrambi i casi la verità poteva sembrare una menzogna e viceversa
C’era anche la possibilità che si verificasse una terza condizione.
Se la persona interrogata soffriva di forti attacchi d’ansia e conseguenti stati confusionali, il risultato della macchina della verità non era più attendibile.
Il poligrafo – nonostante gli innumerevoli dubbi del passato e del presente – per l’epoca era uno strumento all’avanguardia.
Comunque – se proprio volete saperlo – i due criminali finirono dietro le sbarre!