Sformatini di cime di rapa su fonduta di robiola piccante

Facebooktwitterpinteresttumblr

Il silenzio appariva come l’unico rumore a tenermi costantemente compagnia. I quadri si erano fermati, come se qualcuno gli avesse ordinato di restare immobile. Davanti a me c’era solo un altro corridoio interminabile e quella raffigurazione.

Avanzai con cautela con una spiacevole sensazione addosso. Mi domandavo se fosse stata davvero la cosa migliore lasciare Bleenis da sola.

Più andavo avanti, più tutto restava ancora una volta immobile.

Finché non ebbi la sensazione che impercettibilmente ma in modo continuo le pareti con lievi movimenti diventavano sempre più strette.

Ero paranoico o stava succedendo davvero?

Continuavo a camminare guardandomi intorno e non passò molto tempo perché i miei dubbi divennero una certezza.

La stanza si restringeva ed io non sapevo cosa fare se non sbrigarmi a trovare l’uscita.

La mia decisione sembrò infastidire quel posto, vedevo quelle mura avvicinarsi sempre di più.

Non sapevo cosa fare, mi sentivo in trappola.

Un’idea, una qualunque.

Mi affidai all’unica cosa che poteva funzionare. Respingerle con tutta la forza che avevo in corpo.

Spinsi talmente forte da credere quasi di poterle framuntare.

Funzionò. Le pareti schizzarono letteralmente via, il pavimento iniziò a tremare ed un rumore assordante squarciò il silenzio.

Chiusi gli occhi e mi coprii le orecchie.

Restai così, immobile, per almeno un minuto. Sicuro del fatto che qualcosa si sarebbe vendicato.

Ma niente, non accadde nulla.

Riaprii gli occhi. Come per magia erano sparite.

Mi rimisi in marcia senza pormi tante domande.

Fu snervante il fatto che più mi avvicinavo a quella dannata tela, più sembrava allontanarsi da me.

Continuò in questo modo a lungo, troppo a lungo.

Ad un certo punto mi fermai, i nervi a pezzi e le gambe che mi facevano male. Cominciai ad urlare a quel posto tutta la mia esasperazione.

<< E’ inutile, mi avete sentito? Non mi fermerò mai! Dovessi continuare così fino a quando non avrò i capelli grigi. Dovesse abbattersi su di me un uragano o qualunque altra cosa possa creare questo maledetto mondo… Qui c’è la ragazza dei miei sogni e non potrei mai perdonarmelo se le accadesse qualcosa. >>, parlavo al vuoto ma non aveva importanza.

<< E a quel punto niente avrebbe più senso, il vostro divertimento finirebbe nell’istante in cui il suo cuore si fermasse perché accadrebbe lo stesso a me. Pur continuando a respirare… >>, solo all’idea non riuscii più ad emettere alcun suono.

Una lacrima scese dal mio viso e non appena toccò terra, vidi a pochi passi da me una porta.

Oltrepassata quella, non restava che l’ultima prova. Mi sembrava incredibile essere arrivato fino a lì.

Asciugato il volto, mi avvicinai senza pensarci due volte.

A quel punto il pavimento si aprì, come ritrovarsi su una botola che però non puoi vedere.

<< Maledizione! >>.

Riuscii a trovare un appiglio per un pelo, restai sospeso nel vuoto ma senza poter risalire.

Gridai più forte che potevo il suo nome.

Un rumore di passi…

Forse mi aveva già sentito e stava venendo ad aiutarmi.

Proprio come da bambini. Quando ci mettevamo nei guai, potevamo contare l’uno sulla complicità dell’altra. Non l’avevo mai scordato, nemmeno quando tra di noi si era insinuato l’inverno.

<< Jake, resisti! >>, sentii che correva più veloce che poteva.

<< Tranquilla, non ho intenzione di muovermi. >>, provai a scherzare. Eh si, anche nel macello fino al collo.

<< Sono qui, dammi la mano, svelto. >>, disse tendendo la mano. Sempre pronta ad aiutarmi.

Provò a tirarmi su ma ero troppo pesante per lei, non poteva mai farcela.

Tentammo più volte ma sentivo qualcosa che mi tratteva, come se volesse spingermi nelle tenebre a tutti i costi.

Non avrei mai voluto farlo ma non c’era altro da fare.

<< Bleenis, basta. Le braccia stanno per cedermi, non ce la faccio più. Sei la persona più incredibile che abbia mai conosciuto ed è stato splendido poterti stare accanto per tutti questi anni. Nonostante il tempo e le circostanze abbiano provato a dividerci. Abbiamo fatto tutto il possibile ma forse era già stabilito che dovesse andare così. Non è colpa tua. Bleenis, io… >>, lasciai la presa.

Nemmeno in quel momento riuscii a dirle che l’amavo.

Nè tantomeno il fatto che afferrò la mia mano. Non ci aveva pensato due volte. Manteneva la sua promessa fino alla fine.

Me lo diceva sempre che fino a quando l’avessi sopportata, lei non mi avrebbe mai voltato le spalle.

La strinsi forte al mio petto mentre precipitavamo.

<< Chiudi gli occhi >>, le sussurrai.

Le diedi un bacio sulla guancia e feci lo stesso…

(Map of the mind – Part XI)

PS: La ricetta proviene da Verzamonamour, anche se ho deciso di apportare qualche modifica. 

INGREDIENTI (PER 4 PERSONE)

  •  400 gr di cime di rapa
  • 2 uova
  • 3 cucchiai di panna acida
  • 3 cucchiai di pecorino grattugiato
  • 1 spicchio d’aglio
  • sale e pepe q.b.

PER LA FONDUTA

  • 120 gr di robiola
  • 100 ml di panna da cucina
  • 15 gr di burro
  • 3 cucchiai di parmigiano grattugiato
  • peperoncino e paprika q.b.

PREPARAZIONE

Lavate accuratamente le cime di rapa e lessatele in acqua salata bollente finché non risulteranno tenere.

Una volta cotte eliminate l’acqua in eccesso.

In una padella versate un cucchiaio di olio evo e fate imbiondire uno spicchio d’aglio schiacciato, unite la verdura e lasciatela insaporire per qualche minuto.

Regolate di sale e pepe.

 Frullate il tutto in un mixer con le uova, la panna acida e il pecorino fino ad avere un composto omogeneo.

Oliate e cospargete di pangrattato dei pirottini in alluminio o uno stampo in silicone dalla forma che preferite e riempiteli per ¾.

Infornate a 200° per circa 30 minuti.

Nel frattempo preparate la fonduta sciogliendo il burro e la panna in un padellino antiaderente a fiamma dolce.

Aggiungete tutti gli altri ingredienti e mescolate per pochi minuti.

Estraete delicatamente gli sformati e adagiateli sulla fonduta di robiola.

Per decorare potete tostare dei semi di zucca e distribuirli sulla fonduta prima di servire.

Facebooktwitterpinteresttumblr